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1 dicembre 2015

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Ufficio Stampa

Il  sindaco di Catania Enzo Bianco ha aperto nell'aula consiliare di Palazzo  degli elefanti l'incontro inaugurale dell'edizione 2015 di "Cities for  life", la manifestazione internazionale contro la pena di morte  organizzata dalla Comunità di Sant'Egidio, parlando anche di periferie e  terrorismo.
All'incontro, moderato dal prof. Giuseppe Vecchio  dell'Università etnea, dopo i saluti del prefetto di Catania Maria Guia  Federico, sono intervenuti Emiliano Abramo, presidente regionale di  Sant'Egidio, Keith Abdelhafid, presidente della Comunità islamica della  Sicilia e l'ospite d'onore della manifestazione, il prof. George F.  Kain, che insegna nelle università statunitensi diritto penale con una  specializzazione sulla legislazione relativa alla pena di morte.
"Catania  - ha detto il Sindaco - vuole essere città della pace, della  tolleranza, del rifiuto di ogni violenza. E questo lo ha dimostrato con  il suo impegno per l'accoglienza, affrontando il dramma dei migranti che  fuggono da fame e guerre. In ogni luogo del mondo dobbiamo combattere  le violenza che nasce in qualunque luogo di emarginazione e dunque anche  nelle periferie urbane, con le armi della cultura e dell'inclusione  sociale. A Catania stiamo lavorando per far crescere la qualità della  vita nelle periferie. Solo per fare qualche esempio abbiamo realizzato  la scuola superiore e il Librino express, rifatto l'oratorio di Suor  Lucia e stiamo cambiando il volto dei quartieri della zona sud".
Emiliano  Abramo ha ripreso il discorso del Sindaco sottolineando come "tanti  uomini e donne nelle periferie delle città europee vivono senza  alternative umane ed esistenziali" e ha collegato questa situazione al  fatto che "più di 25.000 persone siano andate a formarsi come 'foreign  fighters' in Siria e in Iraq".
"Compiere - ha detto Abramo - come  sta avvenendo a Catania scelte in favore delle periferie per costruire  nuove opportunità, rappresenta il modo più concreto di essere una città  per la vita, una città contro la pena di morte e ogni forma di  violenza".
Keith Abdelhafid ha sottolineato come "l'interpretazione  letterale del Corano sia stata utilizzata spesso in modo strumentale,  mentre la storia recente dell'Islam è piena di esperienze in cui il  Corano viene contestualizzato combattendo la dimensione della guerra e  della violenza".
Al centro dell'incontro è stata la testimonianza di  George Kain, che ha raccontato la sua esperienza di vita: riprese gli  studi dopo aver lavorato cone ufficiale di polizia e responsabile del  "braccio della morte".
"Fino ad allora - ha detto Kain - ero convinto  della giustezza di quel sistema, ma il vivere quotidianamente con  persone che attendevano di essere uccise dallo Stato mi ha fatto  cambiare idea. Per anni ho creduto che la pena di morte mi tenesse al  sicuro, credevo di lavorare per un sistema di giustizia perfetto.  Studiando ho scoperto una realtà molto diversa: la pena di morte attacca  solo chi non ha risorse: poveri ed emarginati. L'armonia di una società  dipende da come vengono trattati i più poveri e noi stiamo inculcando  nei nostri figli una cultura di morte".