API E BIODIVERSITÀ
di Gaetana Mazzeo
Docente di "Apicoltura e produzioni apistiche", Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente dell'Università di Catania
Le piante e gli impollinatori
L’impollinazione nelle piante è più efficace (nel senso che aumenta la variabilità genetica) quando il polline di un fiore va a fecondare gli ovuli di fiori appartenenti a piante diverse della stessa specie, operando quella che viene chiamata impollinazione incrociata. Per ottenere ciò, il polline può essere trasportato da acqua, vento, uccelli, micromammiferi e, soprattutto, insetti. Gli insetti si sono evoluti insieme alle piante nel corso dei millenni, modificando le strutture del loro corpo per meglio raggiungere il polline e il nettare dei fiori; allo stesso modo, le piante hanno modificato le strutture dei loro fiori per attirare gli insetti. I fiori hanno assunto forme e colori differenti per attirare i diversi tipi di insetti e iniziato a produrre sostanze attrattive, principalmente il nettare, che rappresenta l’alimento ricco di zuccheri necessario alla sopravvivenza per molti insetti e, in particolare, per le api.
Gli Apoidei
Secondo alcune stime, l’impollinazione è garantita principalmente dalle api, insetti imenotteri appartenenti alla superfamiglia Apoidea, che sono responsabili dell’impollinazione di circa il 75% delle piante con fiori. Nel mondo esistono oltre 25.000 specie di Apoidei, che sono riconoscibili grazie alle ali trasparenti con particolari nervature; occhi composti e un apparato boccale modificato in modo da poter lambire e succhiare sostanze liquide; peli ramificati sul corpo in grado di catturare e trattenere il polline. Nell’ape mellifera, oltre ai peli sul corpo, si trova una apposita struttura sulle zampe posteriori in cui le masserelle di polline vengono sistemate e trasportate in alveare.
Molte delle specie di api conosciute sono solitarie, altre sono definite sociali. Nelle api mellifere, le api produttrici di miele, le più note a tutti per il loro pregiato prodotto, si ha una struttura sociale delle colonie che sono definite perenni; le api di tale società sono suddivise in caste (maschi o fuchi, operaie sterili e una regina unica femmina fertile capace di riprodursi), ciascuna con compiti ben precisi. Le migliaia di api operaie della colonia si occupano di pulire, costruire il nido, nutrire le larve ed esplorare l’ambiente per prelevare nettare e polline dai fiori in modo incessante. Si pensi, ad esempio, che per produrre 10 kg di miele le api di un alveare compiono da 1 milione a 4 milioni di voli di raccolta di nettare.
Le api dipendono totalmente dai fiori per la loro alimentazione: il nettare costituisce la quota di carboidrati e il polline quella delle proteine della loro dieta. Per procurarseli, ogni apoideo si è sempre più adattato ai differenti tipi di fiori da poter visitare.
Ruolo delle api negli ecosistemi e negli agroecosistemi
Un ecosistema è luogo dove vivono esseri viventi (piante, animali e altri organismi), interagendo tra loro e con il loro ambiente non vivente (terra, sole, suolo, clima, atmosfera). Negli ecosistemi il ruolo degli impollinatori, spesso non ben conosciuto e sottostimato, è fondamentale per la sopravvivenza di gran parte della flora spontanea e le relazioni con le piante, talvolta altamente specializzate, permettono di mantenere l’equilibrio di tali ambienti.
Nei sistemi agricoli (agroecosistemi) l’impollinazione garantisce un’adeguata e omogenea formazione dei frutti, che diventano più sviluppati e con una regolare pezzatura e migliorano le loro caratteristiche organolettiche, oltre a resistere meglio alla conservazione dopo la raccolta. Il valore economico del servizio di impollinazione a livello mondiale è stato stimato in 65-70 miliardi di dollari l’anno e almeno il 79% della produzione agricola italiana è in qualche modo beneficiato dall’impollinazione. La specie più utilizzata per il servizio di impollinazione è l’ape mellifera, ma negli ultimi anni l’interesse si è spostato anche verso i bombi e alcuni apoidei solitari che possono essere gestiti più facilmente e che su certe colture effettuano un’impollinazione più efficiente.
In generale, le api mostrano un’estrema sensibilità alle condizioni ambientali, soprattutto quando in tali ambienti sono presenti attività industriali, di urbanizzazione, frammentazione degli habitat, riduzione delle aree incolte, legata anche all’estendersi delle colture agrarie, all’uso di diserbanti e di prodotti fitosanitari. La presenza di questi ultimi, in particolare, è in grado di provocare elevate mortalità di api o effetti subletali che hanno ripercussioni gravi sulle loro popolazioni. Negli ambienti degradati, le api non sempre riescono a trovare idonei siti di nidificazione o piante da cui prelevare nettare e polline di cui nutrirsi. Ciò porta ad un calo delle loro popolazioni o, nei casi dove l’ambiente è più degradato, anche alla loro scomparsa. Gli effetti della loro assenza da un ambiente sono molteplici e, nei casi in cui, ad esempio la riproduzione di una determinata pianta è affidata esclusivamente all’impollinazione da parte delle api, la loro assenza può portare alla sparizione della suddetta pianta da quell’ambiente. Si ha, in sostanza, quello che viene definito “effetto cascata, che si verifica allorché si ha la rimozione di una specie che ha un ruolo “chiave” (e le api lo hanno!) e si rompono i delicati rapporti tra le specie dell’ecosistema con effetti non prevedibili, quali ad esempio la sparizione di organismi che dipendono da una pianta “chiave” come alimento.
Risulta evidente che occorre una gestione più razionale dell’ambiente in generale e dell’agricoltura in particolare, cercando di attuare pratiche sostenibili e di utilizzare tecniche alternative di lotta ai parassiti, nonché diversificare il territorio delle aree intensamente coltivate inserendo zone incolte con lo scopo di creare aree rifugio dove gli impollinatori e gli altri insetti utili possono sopravvivere.
Le api come bioindicatori
Bioindicatori sono quegli organismi che con la loro presenza o assenza da un ambiente o con la variazione delle loro condizioni possono indicare se un ambiente è sano o compromesso. Buoni bioindicatori sono in generale gli impollinatori, in quanto sono i principali responsabili del mantenimento della diversità biologica delle piante; tra gli impollinatori, le api sono tra i più interessanti poiché in grado di raggiungere un’elevata specificità nelle relazioni con i fiori. L’ape mellifera è utilizzata ormai da oltre 50 anni in Italia come bioindicatore, in grado di esprimere il grado di salute di un ecosistema naturale o artificiale e permettere indirettamente di valutare e conservare la biodiversità di tali ambienti.
La biodiversità
La biodiversità è determinata non solo dal numero di specie presenti ma anche dalla varietà e dalla variabilità del patrimonio genetico delle popolazioni che le costituiscono, dalle relazioni esistenti tra le specie e le comunità che esse formano, nonché dall’influenza che queste esercitano sull’intero ecosistema. Conoscere la diversità di un ambiente è importante per capire quanto l’ambiente sia compromesso e mettere in atto misure correttive. Lo studio degli speciali rapporti che gli apoidei instaurano con l’ambiente, nonché delle specie presenti e della dimensione delle loro popolazioni fornisce, quindi, utili e precise indicazioni sulla struttura dell’ambiente, consentendo anche di poter intervenire con misure di restauro ambientale.
Le api, quindi, sono in grado di fornire risposte, seppur indirettamente, delle condizioni di abitabilità e salute dell’ambiente; esse, inoltre, tra tutti gli insetti, sono i più efficienti impollinatori e moltissime delle piante coltivate e spontanee dipendono da loro per la sopravvivenza. Si può senz’altro affermare che le api, insieme agli altri impollinatori, sono i principali responsabili del mantenimento della diversità biologica delle piante. Forse, in fondo, si può dire: “api = biodiversità”.
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